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Nella notte dell’artista, nell’animo di un immenso Morricone

Di Maria Luisa Buzzi 25/10/2024
Nella notte dell’artista, nell’animo di un immenso Morricone
Giovanni Leone e Leonardo Farina in "Notte Morricone" di Marcos Morau (foto Piero Tauro)

ROMA “La fabbrica dei sogni e della creatività” di un artista inarrestabile, anzi due. Il primo in questione è Ennio Morricone, compositore e musicista geniale a cui Marcos Morau vuole rendere omaggio attraverso la sua prima commissione a serata per il CCN/Aterballetto, Notte Morricone. Il secondo è Morau stesso che, nel creare la sua dedica al Maestro, porta in scena con grande estro il tema del notturno dell’artista. Concependo questa “fabbrica” come un’opera d’arte totale capace di condurre i sedici meravigliosi danzatori di Aterballetto verso nuove sfide di recitazione e canto,  in aggiunta al movimento. In Notte Morricone (debutto al Teatro Argentina, in partner con Fondazione Teatro di Roma e REF) c’è naturalmente la musica di Morricone come collante attinta dall’intero corpus di opere, ma si tratta di una nuova colonna sonora evocatrice di immagini ‘altre’, arrangiata dal maestro Maurizio Billi, amico di lunga data del compositore, che ha inoltre diretto l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini per l’incisione. Melodie tratte da Nuovo cinema paradiso, Il Buono, il Brutto e il Cattivo, La Califfa, C’era una volta in America, Uccellacci Uccelini o Per un pugno di dollari (con il celebre assolo di tromba) ma anche le canzoni pop scritte e poi interpretate da Eduardo Vianello, Mina e Joan Baez, senza trascurare la musica atonale, di cui Morricone andava particolarmente fiero, essendo considerato genere più colto della musica da film. Un corpus sterminato per accompagnare il miracolo della creazione e il racconto dei travagli dell’uomo Morricone, innestato qua e là dai suoni elettronici di Alex Röser Vatiché e Ben Meerwein. Con la scenografia complice, inquieta come la mente, tanto da trasformarsi in continuazione grazie a pannelli mobili che definiscono sempre nuovi spazi senza soluzione di continuità (di Marc Salicrù, autore anche delle raffinate luci). Stanze private, sale di incisione, buche d’orchestra, cinematografi dentro cui i corpi si muovono con precisione, interiorizzando la musica e le emozioni coadiuvati da una miriade di oggetti via via portati in scena. L’inseparabile tromba, l’amata scacchiera, gli spartiti e il podio, il pianoforte a coda da cui sgorga l’anima della musica, a cui si aggiungono gli immancabili puppets di Morau, simulacri infantili, qui miniature di Ennio, efficaci e tenerissimi, capaci di traslare in una dimensione innocente qualsiasi sentenza o affermazioni e rendere ironica una sparatoria nel Saloon in pieno stile Spaghetti Western. Impossibile descrivere Notte Morricone, pezzo magistrale che arriva a flutti allo spettatore, lo abbraccia con onde emotive, lo cattura nella memoria di melodie intramontabili sopravvissute di gran lunga alle immagini che le hanno generate. Incantevole pure la coreografia cesellata e sempre poetica, composta con maniacale attenzione al dettaglio: gambe e collo sembrano privi di giunture, si flettono e scattano ritmicamente come metronomi. La coralità della compagnia al centro pur nella definizione di un protagonista, un Ennio Morricone sdoppiato con il suo enigmatico alter ego meravigliosamente interpretato da Giovanni Leone e Leonardo Farina. Ma tutti qui sono Ennio anche i puppets, e tutti ricordano il grande uomo mai disgiunto dal compositore, ‘folle’ di musica e perfezionista fino allo sfinimento. L’uomo che arriva a scrivere la sua uscita di scena dalla vita (il celebre autonecrologio), senza mai uscirne definitivamente. Da vedere assolutamente al Teatro Argentina di Roma fino al 10 novembre.

 

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